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6 Gennaio
GENNAIO
La neve scendeva furiosa e rischiarava appena l’oscurità notturna, i miei passi erano lenti e silenziosi, gli stivaletti imbottiti affondavano nella neve lasciando dietro di me una traccia profonda ed evidente. Il freddo era intenso e, per mia fortuna, avevo pensato di prendere la sciarpa e i guanti pesanti prima di uscire. Forse sarebbe stato meglio restare a casa, visto il clima inclemente, ma avevo proprio voglia di vedere gli amici e bere qualcosa di caldo e stimolante, un buon irish coffe, fatto come si deve, era stato proprio l’ideale.
Mentre continuavo ad arrancare nella neve fresca, che si spezzava con quel delizioso tipico suono croccante, i miei pensieri scivolavano lievi, svolazzando sulle deliziose gambe della ragazza bionda che avevo appena conosciuto al bar, sul suo irresistibile sorriso e, spietatamente, sulla mia stupidità per non aver trovato il coraggio di chiederle di uscire, o almeno il numero di cellulare.
Sarebbe sparita nel nulla? O avrei avuto la fortuna di rivederla?
Intento in queste elucubrazioni non notai un’oscura figura seduta in un androne accanto al quale ero appena passato, ma una voce lieve mi fermò.
Udii alcune parole sconosciute pronunciate da una persona probabilmente anziana e, incuriosito, mi avvicinai con cautela. Seduta su un freddo gradino vidi una vecchia signora, con il volto raggrinzito dal freddo, avvolta in un vecchio e sgualcito cappotto scuro e con uno scialle nero in testa, che sembrava quasi congelata. Mi avvicinai di più chiedendole se avesse bisogno di aiuto, lei mi rispose qualcosa, sempre in una lingua a me ignota, sorridendomi con una bocca storta e sdentata. Poi, tolte le mani intirizzite dalle tasche del cappotto, fece verso di me alcuni gesti che non riuscii ad interpretare.
Cercai di aiutarla ad alzarsi ma rifiutò il mio aiuto, sempre ridendo e parlando in quell’idioma incomprensibile, quindi sconsolato feci quasi per andarmene. Poi, sorridendole, mi sfilai la sciarpa dal collo avvolgendola intorno al suo e mi levai i guanti poggiandoli sul suo grembo, lei sorrise e li raccolse ma, quando feci per estrarre dal portafoglio alcune banconote, rispose con un gesto fermo e sicuro impedendomi di continuare.
Con una lieve alzata di spalle salutai allora la vecchia e ricominciai a camminare nella neve verso casa, giungendovi infreddolito e stanco, pronto a buttami nel letto per una abbondante dormita.
Guardo ora il sole fuori dalla finestra, i mille riflessi sui tetti coperti di neve e finalmente mi decido ad alzarmi dal letto. È tardi ma in fondo oggi è il 6 gennaio e sono a casa. in vacanza. Entrato nello studio però un’anomalia colpisce immediatamente il mio sguardo. Appesa al camino c’è una lunga e grossa calza rossa, come quelle che da bambino appendevo alla porta della mia camera in attesa che i miei genitori la riempissero di dolci.
“Che ieri sia passata da casa mia madre a farmi questo scherzetto?” Mi chiedo curioso.
“Però me ne sarei accorto”, penso, mentre mi avvicino al camino.
Guardo dentro e vedo una bellissima sciarpa rossa, soffice e calda, poi qualcos’altro di piccolo e verde in fondo alla calza.
Infilo la mano ed estraggo un minuscolo quadrifoglio che si sbriciola al contatto della mia mano, e, mentre mi chiedo cosa cavolo ci facesse lì dentro, uno squillo mi desta dai mille turbinosi pensieri che mi affollano la mente.
Rispondo al telefono, una dolce e calda voce:
«Ciao, sono Elena, ci siamo conosciuti ieri sera al bar. Scusa se chiamo così, è il tuo amico barista che mi ha dato il tuo numero, volevo solo dirti che mi ha fatto piacere conoscerti e che, se ti va, potemmo uscire uno di questi giorni.
E’ stata una lunga e piacevolissima conversazione, ora devo prepararmi e poi passare a prenderla a casa.
Sì! Penso proprio che sarà uno splendido giorno della Befana…
Prigioniera dell’Ombra
Esce oggi su tutti gli ebook store il mio ultimo racconto lungo:
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Invece di un caffè potrete assaggiare e gustare un piccante e appassionante racconto.
“….
L’aria era fresca e il piccolo sole saliva tra poche candide nuvole. Come sempre la stupì il fatto che la torre non era visibile da nessuna parte, questo poteva solo significare che il labirinto era più lontano da essa di quanto potesse immaginare. Scelse l’ingresso a ovest, per non avere il sole negli occhi, e si avviò tra le siepi. Iniziò girando a caso. Come sempre si imbatteva a tratti in statue curiose, situate in nicchie semicircolari lungo la siepe, oppure in qualche raro spazio più aperto, in cui trovava piccole fontane, panche di pietra e a volte persino qualche bassa costruzione. Curiosi Gazebo e piccoli padiglioni con all’interno quadri e altre misteriose e intriganti opere d’arte.
La cosa strana era che, anche rifacendo lo stesso percorso, o almeno le sembrava di farlo, le statue e le altre meraviglie architettoniche erano sovente differenti, come se il luogo mutasse di continuo mentre lo percorreva. Dopo qualche ora di svolte casuali e dopo aver visitato un piccolo padiglione mai visto prima, con all’interno dei dipinti davvero incredibili per l’emozione intensa donata da quei colori così cupi ma vividi insieme e lo sconvolgente realismo e umanità delle figure rese con una imperfetta perfezione davvero estatica, giunse a un piccolo spiazzo, con al centro un piedistallo sormontato da una splendida scultura di pietra nera.
Si avvicinò, salendo i due gradini del piedistallo, fino a trovarsi di fronte alla statua. Si trattava di una figura maschile, atletica. L’uomo, completamente nudo e dal volto concentrato, quasi corrucciato, tendeva i muscoli con le bracia aperte a compasso e, nella destra, stringeva un sottile giavellotto di metallo brunito. Gabie sfiorò con le dita la perfezione del corpo scolpito, il torace muscoloso, i cui capezzoli parevano quasi veri da tanto erano perfettamente e minuziosamente cesellati. Le sue mani percorsero i tesi muscoli delle braccia, gli accarezzarono il viso, il naso sottile e adunco, la lunga barba riccioluta che scendeva in una punta, tesa anch’essa verso l’invisibile obiettivo del suo lancio. Poi le dita di lei scesero, lungo i muscoli delineati del petto e del ventre, fino a entrare in contatto con il liscio pene, proteso verso il basso, in posizione di riposo, ma comunque sporgente.
Lo accarezzò, lasciando che la mano scivolasse dietro, scoprendo la perfezione della scultura anche nei punti più celati, stringendo tra le dita i marmorei testicoli e abbracciando inconsciamente la scultura. Il desiderio tornò a infiammare la sua mente, l’interno delle sue intime labbra si inumidì profondamente e lei premette il suo corpo, in modo voluttuoso, contro l’uomo di marmo.
…..”
Sognandomi addosso
La porta dei sogni
La porta dei sogni
La porta dei sogni chiudila tu
Questa notte ho sognato molto.
Sogni molto agitati, un ludibrio di membra intrecciate, passione e piaceri che si mescolavano incessantemente.
Due corpi nudi intrecciati, che si univano e intrecciavano in ogni modo possibile e immaginabile.
Uno era decisamente il mio, l’altro era avvolto nell’ombra del sogno, ma si avvinghiava a me, baciava, mordeva, graffiava, e poi baciava ancora, e su tutto, ovattato come nella nebbia di un caldo vapore, un profumo.
Un sentore dolce di zucchero, zucchero a velo forse, o più probabilmente filato.
Ricordo bene quando da bambino restavo incantato davanti alla macchina dello zucchero filato.
Come quel semplice e sottile lungo bastoncino si ricopriva rapidamente di scie di bianca dolcezza, come una nuvola di golosità, pronta a ricristallizzarsi e sciogliersi poi al contatto caldo con le labbra e la lingua, un piacere così simile al sesso orale, ora mi rendo conto.
Sesso orale, che adoro…
E che è poi decisamente più interessante e piacevole di quello scritto…
Atteso
Atteso
L’aria notturna era fredda e il vento soffiava cupo e forte sul campo coltivato.
Il bambino era seduto a terra con le braccia conserte, rimirando il cielo stellato e la luna, che per tre quarti riluceva nel cielo nero, illuminando appena le sue piccole mani.
Il silenzio era assoluto, rotto solo dal suo lieve respiro che formava piccoli sbuffi di vapore.
Improvviso lo udì.
Rumore di passi pesanti, trascinati dietro di sé.
Il suo piccolo cuore iniziò a battere più forte, più frenetico.
Si voltò improvviso e lo vide avanzare alto, grosso e ondeggiante verso di lui.
Un’espressione di assoluta gioia e stupore gli pervase il volto e si alzò avvicinandosi timoroso.
Non poteva quasi crederci.
Anni e anni di solitaria attesa e ora era davvero giunto. Per lui!
Sollevò le piccole braccia in segno di giubilo e gridò:
«Grande cocomero! Grande cocomero! Sei venuto da me! Evviva!»
l’immenso vegetale vivente sollevò la pala che portava con sé abbattendola vigorosamente sulla testa del fanciullo, che crollò sanguinante e svenuto al suolo.
Quindi la sua voce tonante, echeggiò nella fredda aria notturna
«Sono una zucca! Idiota!»
Del fico e della sua gentile signora
E il Garibaldi fissa il mare
e tira un sorso di rum
che di marsala qui all’Avana
non ne sbarcano più
ripensa ai fichi d’India della terra natia
le notti calde giù a Bahia
che malinconia
Profumo di Fichi…
Stanotte i miei sogni sono stati visitati da questa dolce e stuzzicante fragranza, e quanto mi piacciono i fichi, sono per me uno dei frutti più deliziosi e più interessanti.
Quel loro aspetto panciuto, ricco e morbido, le lievi goccioline di “miele” che spesso si osservano tremolare sui bordi del frutto, e l’attimo splendido in cui si apre rivelando il rosso, dolce e gustoso interno.
Non per niente sono uno dei simboli più evidenti e storici dell’intimo femminile e uno dei cosiddetti principali ingredienti afrodisiaci (e ovviamente del mio libro di cucina, di ricette appunto afrodisiache).
Che poi in cucina sono dotati di adattamento splendido, e si abbinano meravigliosamente sia con il dolce che con il salato.
Dai fichi al rum ricoperti di cioccolato al classico delle mie parti “salame e fichi” un abbinamento veramente delizioso, e poi il risotto di fichi e gorgonzola, il tortino di fichi e cipolle rosse, il tempura di fichi, i fichi al vino rosso, tutte ricette dal mio libro ovviamente (fine spazio pubblicitario).
Incredibile poi è l’immaginare una splendida fanciulla sotto la doccia, profumata dal bagnoschiuma al profumo di fichi.
Senza dimenticare poi che il femminile di fico resta da sempre il sinonimo di quella irresistibile e desiderabile parte femminile che fa perdere il senno e il sonno a tutti gli uomini (beh quasi).
Perché la verità è che se la fica è senza dubbio la migliore amica dell’uomo…
La sua portatrice sana può diventare invece la sua più agguerrita nemica in natura!
Novellando d’Ali
Le ali
Non ci vuole molto, è questione davvero di un attimo.
Ti distendi a pancia in giù, giusto un poco di sofferenza ed eccole!
Spuntano le tue ali.
Non fa poi così male sai, al limite bevi prima un paio di bicchieri e via.
Come una miscela di sangue e inchiostro, carne e sogno poi, indelebili, ti seguono ovunque tu vada, le porti con te.
E ogni tanto, quando nessuno ti può vedere, riesci a spiccare il volo e lasciarti dietro tutto l’odore e sapore di quotidianità che ti aggrediva.
Prova, non ci vuole molto.
basta lasciarle uscire le tue ali…
E se non riesci…
I due bicchieri sai?
Di Red Bull!
Prendimela!
Prendimela!
«Allora me la prendi? Lo hai promesso»
«Non posso proprio, non insistere, sai che è proibito»
Lei mosse le dita sul suo corpo giocando, come a mimare un omino che passeggia, camminando su di lui fino al membro, ora rilassato.
Iniziò quindi un movimento leggero, circolare, che gli provocò immediati sussulti, facendolo ergere rapido e turgido, anche se avevano appena terminato di fare l’amore.
Poi la ragazza introdusse la lingua nel suo orecchio, vorace e peccaminosa, facendolo tremare. infine scese poco a poco lungo il suo corpo nudo leccando e baciando, fino sostituire le dita con le labbra.
Lo leccò, succhiò, baciò e strinse come mai aveva fatto prima, poi improvvisamente smise.
«No, ti prego, continua!»
La pregò l’uomo, preda di un desiderio irrefrenabile.
«Prendimela… Prendimela.. Prendimela…»
Continuò a sussurrargli lei, leccandolo piano, su e giù, provocante e irresistibile.
«Sì, sì, non smettere e giuro che te la prendo Eva!»
Quasi maggiorenne
Seduto in quel caffè
io non pensavo a te
Guardavo il mondo che
girava intorno a me
Reduce dal festival dell’Eros di Zibello, ho ritirato gli ultimi due volumi, freschi di stampa in cui appaiono altri due miei racconti, e così ora (escluso il mio libro di cucina, che conteggio a parte) sono a 17 libri in cui appare qualcosa della mia lussuriosa fantasia.
Al prossimo divento quindi maggiorenne.
Curioso pensiero peraltro quello sulla maggiore età, mescolato ai racconti erotici, perché, anche se molti forse non ci hanno mai fatto caso, la letteratura è proprio la sola cosa che non ha alcun tipo di divieto o censura per età del fruitore.
Mentre un ragazzino non può entrare al cinema a vedere molti film, acquistare una rivista fotografica erotica, o sigarette o alcolici, per la letteratura niente limiti, mai.
Non che io sia contrario, per carità, ma fa sorridere il pensiero che si debba cliccare “sono maggiorenne” su internet per visionare corpi nudi o teoricamente presentare un documento per playboy e si possa invece tranquillamente acquistare un De Sade, o un Apollinaire (per citare due scrittori classici ma estremamente forti nella loro erotica letteratura).
Forse che leggere sia meno possente che semplicemente guardare?
Eppure secondo me è il contrario, è immensamente più immaginifico e sensuale poter completare con la fantasia la parola scritta in immagini mentali che meramente guardare una figura, trovo assolutamente più eccitante una storia coinvolgente che una serie di foto esplicite.
Perché alla fine è la fantasia che distingue tra eros e pornografia, il saper condurre almeno per un poco la mente oltre, aldilà del reale, del quotidiano.
Che è un poco la stessa differenza che c’è tra dire a una donna:
“voglio far sgorgare appassionatamente e irrefrenabilmente l’erezione sorgiva della tua anima che, rinchiusa nella prigione dei tabù e delle paure, stenta a risalire in superficie”
Oppure dirle:
“posso trombarti?”
È pur vero che la conclusione potrebbe essere la stessa, ma con molta meno poesia.
La sola cosa importante è che se lei, a quel punto, ti chiede: fammi godere con la lingua…
Tu non le legga delle poesie!
Anche gli Angeli cadono, attenti alla cera!
siamo angeli
con le rughe un po’ feroci sugli zigomi
forse un po’ più stanchi ma più liberi
urgenti di un amore,
che raggiunge chi lo vuole respirare
Alcuni sogni e immagini viste qua e là, mi hanno fatto ripensare alla figura dell’angelo, che mi ha da sempre appassionato, sono infatti tra le poche immagini religiose ad avermi, fin da bambino, ispirato notevole curiosità e fascino.
Per non parlare degli arcangeli, e soprattutto quello che porta il mio nome.
Ricordo quando lessi che l’arcangelo Michele rifulge per la sua bellezza spirituale!
Che è considerato dagli ebrei come il principe degli angeli, e peraltro l’origine del mio nome, mi – ka – el, significa chi è come Dio (mica pizza e fichi!)
È poi descritto nell’apocalisse l’immane combattimento tra Michele e il lucifero, sotto forma di dragone rosso che fu naturalmente da lui sconfitto.
Il cavaliere ammazzadraghi, in stile excalibur, è poi uno dei miei sogni avventurosi favoriti.
Scoprii in seguito il fascino ancora maggiore della figura dell’angelo caduto, da alcuni detto diavolo, io però visualizzavo di più l’immagine dell’angelo che, non più sorretto dalle ali, precipitava tremendamente e pesantemente a terra, frantumandosi insieme corpo e anima, pervertendo la propria santità e perfezione con le passioni terrene.
E per questo forse siamo in verità tutti angeli caduti che, dall’innocenza della fanciullezza, cadiamo preda delle infinite tentazioni e passione terrene, pervertendoci poco a poco.
Anche se, in fondo, pensandoci proprio bene, non mi dispiace affatto essere caduto così.
Credo inoltre di essere sempre stato molto predisposto naturalmente per questo tipo di “caduta”, seppur non sia facile o sensato distinguere quale sia il bene o il male in certe emozioni, e in fondo persino il diavolo sbalordito rimase, quando comprese quanto osceno fosse il bene, e vide la virtù nello splendore delle sue forme sinuose. (un premio a chi riconosce il film qui citato).
Oltre tutto quando sento parlare a volte di “sesso degli angeli”…
La mia mente ha sempre evocato più che altro idilliache, uniche e soprattutto acrobatiche fantasie sessuali…
Mi Piace
Mi Piace
Mi piace sorprenderti improvvisamente.
Mi piace quando provi a fermarmi, perché potrebbero vederci, ma i tuoi occhi urlano: ancora! Ancora!
Mi piace appoggiare la mano sul tuo collo, sfiorare le orecchie, la gola offerta, indifesa, in natura chi si sottomette al predatore offre sempre la gola, segno di resa totale.
Mi piace restarti dietro, così che la mano segua la tua schiena, provocando brividi.
Mi piace stringerti il culo, le cosce nude. Farti sobbalzare.
Mi piace far scivolare la mia mano sotto la tua corta gonna, oltrepassare il pizzo della calza e trovarti eccitata, desiderosa di me.
Mi piace scostare l’intimo di lato e penetrarti con le dita forti e delicate insieme, possessive, profonde, vogliose.
Mi piace sentire i tuoi sospiri, la diga dei tuoi tabù cedere improvvisa al fiume in piena della mia passione.
Mi piace sentirti completamente mia, così.
Mi piace avere tutto questo potere in una sola mano…