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Sognandomi addosso
La porta dei sogni
La porta dei sogni
La porta dei sogni chiudila tu
Questa notte ho sognato molto.
Sogni molto agitati, un ludibrio di membra intrecciate, passione e piaceri che si mescolavano incessantemente.
Due corpi nudi intrecciati, che si univano e intrecciavano in ogni modo possibile e immaginabile.
Uno era decisamente il mio, l’altro era avvolto nell’ombra del sogno, ma si avvinghiava a me, baciava, mordeva, graffiava, e poi baciava ancora, e su tutto, ovattato come nella nebbia di un caldo vapore, un profumo.
Un sentore dolce di zucchero, zucchero a velo forse, o più probabilmente filato.
Ricordo bene quando da bambino restavo incantato davanti alla macchina dello zucchero filato.
Come quel semplice e sottile lungo bastoncino si ricopriva rapidamente di scie di bianca dolcezza, come una nuvola di golosità, pronta a ricristallizzarsi e sciogliersi poi al contatto caldo con le labbra e la lingua, un piacere così simile al sesso orale, ora mi rendo conto.
Sesso orale, che adoro…
E che è poi decisamente più interessante e piacevole di quello scritto…
Prendimela!
Prendimela!
«Allora me la prendi? Lo hai promesso»
«Non posso proprio, non insistere, sai che è proibito»
Lei mosse le dita sul suo corpo giocando, come a mimare un omino che passeggia, camminando su di lui fino al membro, ora rilassato.
Iniziò quindi un movimento leggero, circolare, che gli provocò immediati sussulti, facendolo ergere rapido e turgido, anche se avevano appena terminato di fare l’amore.
Poi la ragazza introdusse la lingua nel suo orecchio, vorace e peccaminosa, facendolo tremare. infine scese poco a poco lungo il suo corpo nudo leccando e baciando, fino sostituire le dita con le labbra.
Lo leccò, succhiò, baciò e strinse come mai aveva fatto prima, poi improvvisamente smise.
«No, ti prego, continua!»
La pregò l’uomo, preda di un desiderio irrefrenabile.
«Prendimela… Prendimela.. Prendimela…»
Continuò a sussurrargli lei, leccandolo piano, su e giù, provocante e irresistibile.
«Sì, sì, non smettere e giuro che te la prendo Eva!»
Quasi maggiorenne
Seduto in quel caffè
io non pensavo a te
Guardavo il mondo che
girava intorno a me
Reduce dal festival dell’Eros di Zibello, ho ritirato gli ultimi due volumi, freschi di stampa in cui appaiono altri due miei racconti, e così ora (escluso il mio libro di cucina, che conteggio a parte) sono a 17 libri in cui appare qualcosa della mia lussuriosa fantasia.
Al prossimo divento quindi maggiorenne.
Curioso pensiero peraltro quello sulla maggiore età, mescolato ai racconti erotici, perché, anche se molti forse non ci hanno mai fatto caso, la letteratura è proprio la sola cosa che non ha alcun tipo di divieto o censura per età del fruitore.
Mentre un ragazzino non può entrare al cinema a vedere molti film, acquistare una rivista fotografica erotica, o sigarette o alcolici, per la letteratura niente limiti, mai.
Non che io sia contrario, per carità, ma fa sorridere il pensiero che si debba cliccare “sono maggiorenne” su internet per visionare corpi nudi o teoricamente presentare un documento per playboy e si possa invece tranquillamente acquistare un De Sade, o un Apollinaire (per citare due scrittori classici ma estremamente forti nella loro erotica letteratura).
Forse che leggere sia meno possente che semplicemente guardare?
Eppure secondo me è il contrario, è immensamente più immaginifico e sensuale poter completare con la fantasia la parola scritta in immagini mentali che meramente guardare una figura, trovo assolutamente più eccitante una storia coinvolgente che una serie di foto esplicite.
Perché alla fine è la fantasia che distingue tra eros e pornografia, il saper condurre almeno per un poco la mente oltre, aldilà del reale, del quotidiano.
Che è un poco la stessa differenza che c’è tra dire a una donna:
“voglio far sgorgare appassionatamente e irrefrenabilmente l’erezione sorgiva della tua anima che, rinchiusa nella prigione dei tabù e delle paure, stenta a risalire in superficie”
Oppure dirle:
“posso trombarti?”
È pur vero che la conclusione potrebbe essere la stessa, ma con molta meno poesia.
La sola cosa importante è che se lei, a quel punto, ti chiede: fammi godere con la lingua…
Tu non le legga delle poesie!
Mi Piace
Mi Piace
Mi piace sorprenderti improvvisamente.
Mi piace quando provi a fermarmi, perché potrebbero vederci, ma i tuoi occhi urlano: ancora! Ancora!
Mi piace appoggiare la mano sul tuo collo, sfiorare le orecchie, la gola offerta, indifesa, in natura chi si sottomette al predatore offre sempre la gola, segno di resa totale.
Mi piace restarti dietro, così che la mano segua la tua schiena, provocando brividi.
Mi piace stringerti il culo, le cosce nude. Farti sobbalzare.
Mi piace far scivolare la mia mano sotto la tua corta gonna, oltrepassare il pizzo della calza e trovarti eccitata, desiderosa di me.
Mi piace scostare l’intimo di lato e penetrarti con le dita forti e delicate insieme, possessive, profonde, vogliose.
Mi piace sentire i tuoi sospiri, la diga dei tuoi tabù cedere improvvisa al fiume in piena della mia passione.
Mi piace sentirti completamente mia, così.
Mi piace avere tutto questo potere in una sola mano…
Giocattolo
Giocattolo
L’uomo la guardava da diverso tempo, in silenzio. E
Lei era distesa sul letto, come sempre senza nulla addosso.
Lui si avvicinò, posò le mani, forti e possessive sul suo corpo, toccando e accarezzando; infine giunse al collo e strinse di più, forte e crudele per imporre la sua forza.
«E adesso, tesoro» disse.
«Ti farò soffrire per me. Se tanto o poco dipenderà da quanto sarai ubbidiente e docile, da quanto piacere mi darai. Ti porterò con me, nel mondo della mia pura e perversa fantasia. Ti farò conoscere tutti i miei giocattoli. Perché lo voglio e perché adesso, come loro, tu sei solo una cosa, una cosa mia!»
Lei restò immobile, gli occhi e la bocca spalancati.
Lui la colpì.
Una, due, tre volte.
«Rispondimi maledetta!» Le gridò furioso, poi pianse.
Mentre la bambola gonfiabile continuava a guardarlo immota.
L’Evocatore
L’Evocatore
Ora la chiamo, pensò il Magus, spronandosi all’azione.
Controllò ancora una volta il pentacolo protettivo, quindi pronunciò accuratamente, con la voce irrochita dalle gutturali dell’oscuro linguaggio della magia, l’invocazione, che aveva rinvenuto in una vecchia tavoletta.
Tra il fumo e le fiamme che si sprigionarono la vide apparire.
Una incantevole ragazza dai lunghi capelli rosso fiamma e ipnotici occhi verdi che, nuda e voluttuosa, iniziò subito a stuzzicarlo con voce suadente, sppur non potesse avvicinarsi a lui per via del simbolo contenitivo disegnato con il sangue sul freddo pavimento di marmo.
Conscio del pericolo recitò immediatamente il vincolo, come descritto esaurientemente insieme all’invocazione.
La succube prontamente si inginocchiò, prostrandosi ai suoi piedi e chiamandolo padrone.
Saltellando dall’euforia l’uomo spezzò il pentagramma e lei poté così avvicinarglisi .
Lo strinse e baciò profondamente.
La lingua della creatura era calda, fremente e famelica, e gli incendiò prontamente i sensi.
Sorridendogli lei gli mise sul petto una mano, da cui fuoriuscirono neri artigli e gli strappò con un sol gesto il cuore, divorandolo con gusto.
Ancora una volta libera sul piano materiale, la succube esultò.
Quelle tavolette che aveva creato e nascosto secoli prima continuavano a funzionare.
La vera scelta
La vera scelta
L’Emiro, come ogni sera, passò lungo la fila delle decine di donne del suo immenso variegato harem, con il grande fazzoletto rosso in mano, simbolo del suo potere assoluto di scelta.
Quanto si sentiva un Dio in quel momento, capace di dispensare piacere e invidia tra loro, le sue fanciulle adoranti.
Con la sua decisione, sempre oculata, era pronto a premiare colei che più sapeva mettersi in luce per lui.
Amina lo vide fermarsi davanti a sé, sapeva di essere truccata meglio di tutte, in modo assolutamente perfetto, e anche abbigliata con i suoi colori preferiti e nel modo più sensuale.
Nulla in lei era fuori posto, unica tra le tante.
Il rosso cadde ovviamente ai suoi piedi, lei si chinò a raccoglierlo, con uno smagliante sorriso, per poi seguire il suo signore nelle stanze del piacere, passando davanti alle altre, ora tutte a testa bassa.
Sapeva che sarebbe stata scelta, era la sola davvero perfetta quella sera.
Era stata lei a estrarre la pietra nera dal sacchetto, purtroppo.
La Passera solitaria
La Passera solitaria
D’in su la vetta della torre antica,
Passera solitaria, alla campagna
Chiamando vai finché non more il giorno;
Ed erra il tuo desio per questa valle.
Sensualità dintorno
Brilla nell’aria, e per li mascoli esulta,
Sì ch’a mirarla s’irrigidisce il pene.
Odi giovini arrivar, muggire gaudenti;
Gli estratti augelli contenti, a gara insieme
Per lo libero cul fan mille giri,
Pur spumeggiando il lor seme migliore:
Tu in generose offerte il tutto aspiri;
Non ti neghi, ne godi,
Non ti cal d’allegria, né schivi gli spruzzi;
Coiti, e così incassi
Nell’ano ed in tua vita il bel gonfiore.
ScoPPiamoci così, senza pudore
Italiani Mambo, in mancanza d’altre novità
Italiani Mambo, anche questa storia passerà
Italiani Mambo, quella bomba non funzionerà
Italiani Mambo stasera, perché l’aria non ci salverà.
L’uomo in fondo si relaziona, quotidianamente ci relazioniamo con chiunque ci incroci più o meno rapidamente la strada, anche se naturalmente c’è relazione e relazione.
Ciò che più comunemente è associato al termine è ovviamente quella amorosa, passionale, che mi ha recentemente fatto sovvenire un ardito paragone.
Le relazioni infatti, pensandoci bene sono proprio un concentrato di follia, caos, desiderio, opportunismo, passione e calcolo.
Un cocktail inebriante ma spesso altamente instabile di esplosivo.
Una relazione può essere come la nitroglicerina, apparentemente innocua, trasparente e possente, eppure altamente instabile, basta un piccolissimo scossone e
BUM tutto viene disintegrato in una immane deflagrazione.
Può essere poi come del TNT con miccia accesa, inerte e che consente di allontanarsi in tempo, ma al termine del suo tempo previsto scoppierà inevitabilmente.
Oppure come del C-4 al plastico, che si modella, schiaccia, preme e maltratta senza alcun apparente problema.§
Privo dell’adeguato innesco non scoppierà mai, ma il rischio è che prima o poi un innesco appaia all’orizzonte.
E attente, non dimenticate mai che io sono altamente esplosivo!
Sono una bomba!
Peccato che ho la miccia un po’ corta…
L’unico vero frutto dell’amor
Mi piace spogliarla piano, gustandomi ogni anfratto, ogni curva e ombra della sua pelle.
Ma inevitabilmente gli occhi, i desideri finiscono per concentrarsi lì.
Perché la fica è il paesaggio!
Non è possibile trascurarla, non perdersi felicemente tra i suoi argini e dirupi, le sue liquide cascate da scendere e i pendii da risalire, con occhi, dita labbra e lingua.
Perché è impossibile resistere dal leccarla, dall’immergermici dentro facendone il fulcro del pensiero e desiderio.
Aprirla e stuzzicarla, come stessi suonando il più dolce e intenso degli strumenti.
Liberarla così dal vuoto che l’accompagna riempiendola di me.
Perdendomi con lei in lussuria. Fino a giungere all’apice del piacere.
Cosicché tutti i discorsi, i desideri, le parole e i sogni finiscano sulla punta della lingua.
Perché la fica è un ossimoro, insieme morbida e dura.
Morbida da leccare, dura farsela dare.